martedì 22 settembre 2009

UN ORIZZONTE DI SENSO PER I NATIVI DIGITALI

Di questi tempi, per i ragazzi, non avere un telefonino significa essere “out”, fuori dal gruppo della “mobile generation”(per dirla con le parole del professore Rivoltella), l’attuale generazione di ragazzi dei quali il 95% possiede ed utilizza quotidianamente un cellulare. E lo utilizza per una quantità di tempo pari a circa 24 h al giorno: molti ragazzi hanno il telefonino attivo anche di notte (non si sa mai che possa arrivare un sms!) .
Il cellulare per molti adolescenti (così come per molti adulti) è diventato quasi un’appendice del corpo, rendendo “monco” chi dovesse averlo lasciato a casa o chi, per motivi vari, non dovesse riuscire a farne il consueto uso. E’ impossibile non rendersi conto del rapporto simbiotico che un ragazzo stabilisce con il “suo” telefonino! “Suo” non tanto nell’accezione di “possesso” quanto di “singolare”, “unico”, “personale”, a partire dalla cover, per passare al display, alla suoneria … e arrivare all’archivio di dati (numeri telefonici, indirizzi, sms, foto, filmati, ..) in esso salvati: è uno “spazio di confidenze intime” una sorta di agenda- multifunzione segreta, che occupa il posto del diario segreto di non molto tempo fa. E’ questo il motivo per cui il telefonino non si presta! Inoltre è “suo” perché questo pluri-archivio viene prodotto (o selezionato) dal ragazzo stesso sulla base dei suoi gusti, dei suoi bisogni, della sua sensibilità, del suo vissuto, in un dato contesto spazio-temporale.
Emerge un’immagine nuova di adolescente, da spettatore-lettore-ascoltatore dei media ad autore di prodotti con e per il media: scatta foto e gira video per condividerli con qualcuno, con molti, o per metterli in rete, divenendo visibile al mondo intero. E’ così che si concretizza la possibilità, soprattutto per i soggetti deboli, di realizzare qualcosa che possa finalmente renderli protagonisti, con il rischio che questo bisogno sfoci in bullismo, anzi, in cyberbullismo, come i recenti fatti di cronaca, avvenuti soprattutto nelle scuole, hanno evidenziato. Ecco che recentemente hanno vietato con fermezza la circolazione dei cellulari nelle scuole, con l’intento di scoraggiare deplorevoli iniziative. Ma, secondo me, non è così che si educa ad un uso etico del telefonino: non è nascondendo la cioccolata che si educa un bambino a non farne un uso sconsiderato, si solletica il desiderio di trasgredire il divieto. Forse il punto è che noi adulti oggi “corriamo dietro” ai nostri impegni, ai nostri problemi, ai nostri bisogni a tal punto che abbiamo poco tempo da dedicare alle richieste più o meno esplicite dei nostri ragazzi, per cui essi trovano nei pari i compagni di avventura, che condividono le loro emozioni, i loro pensieri, i loro interessi, …e i loro media digitali. Allora potrebbe essere produttivo fermarsi a parlare con i ragazzi, anzi ascoltare, soprattutto col cuore, ciò che vogliono comunicarci, manifestare loro un vero interesse e un sincero desiderio di collaborazione affinché si sentano accolti e non ricerchino altrove alternative forme di gratificazione.
Ad esempio, si potrebbe riconoscere (e contemporaneamente sottolinearne il valore) ai “nativi digitali”, i ragazzi, nati e cresciuti insieme ai media digitali, l’indiscussa capacità che hanno di articolare l’uso dei media in una molteplicità di funzioni ( scrivono un sms mentre ascoltano l’i-pod, lanciano un’occhiata al PC, su cui sono aperte varie finestre, e una ad un programma in TV, eventualmente con un libro di scuola, aperto, sulle gambe, …), secondo la logica cosiddetta multitasking. Di sicuro sviluppano un’intelligenza più pronta e vivace, conseguono un’abilità ad accogliere ed elaborare velocemente messaggi più elevata di quella di noi adulti, a discapito, però, di una minore attitudine alla riflessione approfondita dei contenuti del quotidiano. Allora sta al , che sia il genitore o un insegnante, adoperarsi anzitutto in un’attività di approfondita alfabetizzazione tecnologica, così da poter comprendere le pratiche e le potenzialità dei vari media digitali e, quindi acquisire competenze utili ad una fattiva collaborazione con i .
Saranno queste le basi per creare situazioni di complicità, luoghi di condivisione, di scoperta, di costruzione di percorsi, nell’ambito dei quali l’adolescente potrebbe essere più disponibile ad accogliere indicazioni per sviluppare una maggiore attitudine alla riflessione e per operare adeguate valutazioni su quale sia l’uso più opportuno da fare dei media, soprattutto quando si ritrovano ad essere autori di prodotti da immettere o non in rete.
Per quanto riguarda il cellulare, in particolare, io troverei molto utile utilizzarlo come uno strumento nella prassi didattica per fotografare o filmare, sotto la guida dell’insegnante, situazioni, ambienti, prodotti, performances, … per memorizzarli, per rielaborarli, per pubblicizzarli, esaltandone, così, l’elevata valenza progettuale, valutativa, produttiva di quanto con esso realizzato in un percorso formativo.

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